Sul “Corriere Salute” con Iossa Fasano il punto della ricerca su identità protesica e configurazione cyborg.

Sulle pagine Salute del Corriere della Sera in edicola domenica 3 novembre, intervistato da Danilo di Diodoro, Augusto Iossa Fasano fa il punto sulla ricerca che attualmente sta conducendo su identità protesica e configurazione cyborg. L’attuale progetto sul quale a capo del centro di ricerca Metandro è principalmente impegnato Iossa Fasano riguarda infatti l’ampio quanto delicato scenario di tutti i soggetti già sottoposti – o prossimi a sottoporvisi – a interventi di medicina hi-tech che comportano l’impianto all’interno del corpo di organi, dispositivi o farmaci, e tali da provocare nel soggetto stesso un’alterazione psichica dovuta alla difficoltà di riconoscimento e totale accettazione nei confronti di quel nuovo corpo estraneo, peraltro non più removibile.

Ecco alcune delle domande cui Iossa Fasano risponde con l’articolo in uscita il 3 novembre sul Corriere della Sera:

quali sono le caratteristiche e le manifestazioni del senso di alterità che una persona prova quando le viene impiantata una protesi?;

è possibile fare una distinzione tra i tanti tipi di protesi esistenti (meccaniche, elettroniche, di piccole o grandi dimensioni) e le risposte psicologiche degli individui?;

ci sono casi di perfetto adattamento alla protesi (magari interna) che in qualche modo viene dimenticata dal soggetto?;

ci sono risposte psicologiche specifiche per pezzi di ricambio umani, come nei trapianti d’organo?

Un’interessante lettura da non mancare per riflettere sulla vulnerabilità del paziente mutante o cyborg, al giorno d’0ggi quasi tutti noi, e al tempo stesso sulla decisiva chance di prevenzione e guarigione offerta dagli strumenti di intervento dell’intervista protesica e del Paradigma Bionico Protesico, su cui Augusto Iossa Fasano focalizza anche nel suo recente saggio medico scientifico “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg”.

Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg

Fuori di sé e libri psichiatria

I progressi ottenuti dalla medicina contemporanea (farmacologia, trapianti, fecondazione assistita, cura di tumori, cardiopatie e altre patologie gravi), pur pervenendo a interventi tecnicamente riusciti, provocano un’imprevedibile impennata della spinta autodistruttiva individuale. Dedicando particolare attenzione agli oggetti protesici che accompagnano ogni esistenza individuale, Fuori di sé – contributo alla teoria dell’oggetto esterno ispirato alle osservazioni dell’ultimo Freud sul concetto di AußenWelt (il Mondo esterno) e di Virginia Finzi Ghisi sulla nozione di protesi – analizza gli effetti dei componenti bionici salvavita proponendo un modello di cura, il Paradigma Bionico-Protesico, per trattare gli effetti stranianti delle terapie mediche e chirurgiche.
L’impianto di dispositivi interni – realizzando il sogno del cyborg – genera il paradosso di una mutazione del corpo vissuta come alterazione patologica dell’identità psichica. Il lavoro sul formarsi di soggettività ibride permette di annettere l’agente esterno nel tessuto di ciascuna singolarità. Il soggetto si estende e si intende come composito e mutante: la sua posizione viene qui rivisitata alla luce di una trentennale esperienza clinica in psicoterapia, analisi e supervisione di operatori nei diversi campi dell’assistenza e della riabilitazione.
La complessità di tali esperienze costituisce la premessa per un’evoluzione del processo di cura definitivamente affrancato da una concezione “internista”, appunto l’analisi del cyborg, descritta in vivo nel libro.

Prossimamente anche nelle librerie, il volume è già ordinabile sul sito della casa editrice ETS al link http://www.edizioniets.com/Scheda.asp?N=9788846736925

DRAGON TRAINER paradigma d’identità protesica

Scaracchio: “Se vuoi davvero andare lì fuori a combattere i draghi, devi smetterla con tutto questo!”

Iccup: “Ma, scusa, hai appena indicato tutto me!”

S.: “Si esatto, smettila di essere te!”

I.: “Ooh, voi messere state giocando a un gioco pericoloso: tenere tutta questa rude vichingaggine”

Il maldestro e dismetrico Iccup, alle soglie della pubertà, si pone una domanda sulla propria identità: chi sono? Chi diventerò? Ce la farò a diventare un vero vichingo?

Gli è stato assegnato Scaracchio, baffuto Dragon trainer – da qui il titolo del cartone animato – che ha perso un braccio e una gamba proprio nella lotta contro i draghi.

Riuscirà Iccup ad affermarsi e seguire le orme del padre? Suo padre X è un vero guerriero, imponente e statuario capo villaggio, valoroso nella principale attività collettiva: la lotta contro i draghi che infestano e minacciano il territorio.

Chi sono io? Sono io? Vorrei essere io cioè…, o almeno come lui. Ma come si fa a esser io come se…fossi lui?

Alle domande sull’identità e sulla scelta delle figure di identificazione fa seguito il dannoso tentativo di cattura di una Furia buia, un esemplare della specie più feroce e misteriosa di draghi. Iccup stringe amicizia con Sdentato, la Furia buia che non può più volare dopo che il ragazzo gli ha provocato la perdita di una pinna direzionale della coda. Iccup gli costruisce una protesi in legno e cuoio che permette a Sdentato di spiccare di nuovo il volo. Analogo destino toccherà a lui dopo aver contribuito a cambiare mentalità e identità al villaggio. Una parziale identificazione finirà con l’assimilarlo al suo dragon-trainer, Scaracchio, il sagace vichingo mutilato e felicemente protesizzato, piuttosto che al padre inarrivabilmente integro e potente capo tribù.

Anche un semplice cartoon ci rivela elementi puntuali sulla struttura del soggetto nella contemporaneità post-moderna. Ciascuno è portatore di handicap e portatore di protesi. Anche se non accetta la mancanza, anche se non se ne rende conto.

“Come siamo fatti” è detto dalla trama di un film d’animazione che cattura e sfugge al contempo, incuriosisce e inquieta, ma insieme con l’angoscia viene rimosso il senso universale dell’essere.  Il senso è racchiuso nell’oggetto protesico, così recondito, perché ci appartiene. Non lo vediamo perché –come gli occhiali che Pessoa chiede in punto di morte – è sulla punta del naso, oppure è già lì al piede, sulla mano, tutore o arto artificiale. Un’estremità ma pur sempre la nostra, un polpastrello, una provincia dell’impero che noi siamo, ma sulla quale non rinunciamo alla sovranità.

COME LA PROTESI E L’ACQUISIZIONE DELL’IDENTITA’ PROTESICA CONTRIBUISCONO ALLA COSTRUZIONE DELLA MENTE E DEL “MENTALE”

Il soggetto umano non è la somma di un corpo animale e di una mente astratta (anima, spirito, Seele), ma è il punto di connessione tra natura e cultura, tra l’infinita ripetizione istintuale e l’accettazione di un limite negoziato e condiviso con l’altro sociale.
Rovesciando ed estremizzando questo assunto possiamo sostenere che non c’è mente umana se non dove c’è protesi e sua accettazione integrata nello schema corporeo e nei comportamenti. La rappresentazione di sé e delle relazioni con l’esterno non può prescindere dalla protesi, piuttosto si appoggia all’identità protesica per fondare struttura e funzioni della mente. L’atto di umiltà nel rinunciare all’autosufficienza, all’autarchia sensoria e motoria, ridisegna i confini dell’umano e ne valorizza risorse e possibilità.
Viceversa non bisogna nemmeno affidarsi all’estremo opposto, specie in epoca di tecnologia informatica e di cibernetica, con un implicito del tipo: ci pensa la protesi. Essa sente, processa il percepito e opera. La delega al cervello elettronico realizza il chiasmo per cui la macchina si avvicina all’umano fino ad assimilarvisi e l’uomo si fa macchina, deposti i limiti che emozione e affetto gli impongono. L’ausilio che si sostituisce al corpo lavora in sua vece e, animandosi, lo disanima e lo disattiva. Paradossalmente troppa protesi priva il soggetto della sua identità protesica, protesi fuori misura vampirizza e spolia il soggetto anche se non sono in questione la (sua) anima e la (sua) natura
La protesi conferisce identità protesica se lavora nei limiti della funzione regolativa, l’alienazione (il sopravvento dell’angoscia) deriva dalla perdita del limite, della regola più che della sola funzione regolativa. Liquefazione o evaporazione irreversibili sono generate dall’invasione colonizzatrice del suo corpo nudo.
Un terzo caso si registra quando il soggetto, in determinate circostanze, si fa protesi, si presta o si offre, lasciandosi strumentalizzare. In questi casi si verifica un rovesciamento dello schema e un sovvertimento del funzionamento individuale e collettivo. Pensiamo a relazioni interpersonali di succubanza e asservimento (non pensiero), senza spingersi a modalità sado-maso, oppure a relazioni di aiuto e di servizio in cui il care-giver viene usato come automa e non riconosciuto nella sua pienezza di libertà e diritti individuali.