Una psicoanalisi a più dimensioni: molteplice e erratica

L’identità soggettiva possiede una ricchezza legata alle tradizioni della cultura classica e coinvolta nelle vicende delle interazioni dettate dagli strumenti tecnologici.

Pratico una psicoanalisi attivamente ingaggiata nello studio dei rapporti soggetto-tecnologia.

La cura si presenta come un’occasione di estendere le proprie dimensioni di vita e di pensiero.

Il sapere della medicina e quello della psicologia non sono più sufficienti a fornire risposte a disagi mutanti.

Lo psicoanalista  tiene conto dell’evoluzione di tecniche psicologiche e dell’uso di psicofarmaci potenti, ma ritiene che le trasformazioni dei soggetti – di per sè vorticose e imprevedibili – richiedano una posizione inventiva che apra a nuovi spazi negoziali nella natura e nella società.

Una psicoanalisi a più dimensioni offre a chi le si rivolge – paziente, analizzante o allievo – possibilità di avanzare nella ricerca, acquisendo ulteriori orizzonti e curando quanto prima neanche si riusciva a individuare né a diagnosticare.

Possibile pensare a una cura accurata?

L’intervento di cura, nel linguaggio comune, rimanda alla terapia medica. Mentre un’accezione aggiornata e più rigorosa della “cura” deve rinviare a un’osservazione/registrazione di tipo antropologico.

Un’antropologia psicoanalitica permette di unire la dimensione individuale del soggetto (la sua appartenenza di origine e le sue scelte culturali) con la dimensione dell’incontro, del dialogo e dell’attenzione ai fenomeni naturali, sociali e civili.

La tecnologia si sovrappone alle forme della rappresentazione artistica: metodo e sostanze sono, infatti, comuni. L’arte della cura attinge allo strumento tecnologico, ne disegna il profilo e ne limita il raggio d’azione.

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