Il 1899 è un anno decisivo per la psicoanalisi, ma è anche l’anno in cui Anton Cechov pubblica “Tre sorelle”
La donna, la guerra e il domani in “Tre sorelle” (1899) di Anton Cechov.
Augusto Iossa Fasano
Maša: Per me l’uomo deve avere una fede, o cercarsela, se no la sua vita è vuota… vivere e non sapere perché volano le gru, perchè nascono i bambini, perché ci sono le stelle… O si sa perchè si vive, o è uno scherzo idiota… Veršinin: Il guaio è che la gioventù se n’è andata; questa è la verità… Maša: Diceva Gogol: triste signori miei, vivere a questo mondo!
Tuzenbach: E io dico: faticoso, signori miei, ragionare con voi, anzi, impossibile…
Il sapere, tema che in Cechov è abbinato all’amore e alla vita pratica, riguarda il destino e si annida nei dettagli del quotidiano. Nella vita quotidiana non c’è solo psicopatologia, da cui pure “si parte”: nervosismo, malumore, inquietudine, difficoltà finanziarie, angosce per il futuro. La figura della donna (di cui ciascuna delle tre sorelle reca qualità e potenzialità proprio all’interno di limiti e nevrosi) si rivela decisiva in quanto scaturigine di pensiero e di riscatto. Il sapere ufficiale, il lavoro e lo studio, privi di una cura “accurata” dei particolari dell’esistenza in casa, nel matrimonio, nelle relazioni personali e pubbliche, non hanno senso nè utilità.
Curiosamente questa dimensione viene ignorata e almeno fino al ‘600 rimane ai margini dell’arte e risulta indifferente alla scienza, psicoanalisi compresa. Il mondo presente nell’opera di Cechov risulta all’apparenza banalmente familiare e noto, eppure è dotato di una perturbante estraneità: non sospettavamo che ci apparisse tanto lontana, ignota e inesplorata una zona così interiore, così nostra.
Le puntuali ambientazioni geo-topografiche dei racconti e il situare in un contesto architettonico preciso i personaggi del suo teatro ci danno una misura dell’esattezza scientifica con cui Cechov delinea la struttura psichica di ciascun soggetto che non ha nulla di psicologistico o di intimistico (le sue rappresentazioni sono prive di quell’arbitrio auto-referenziale che l’ideologia tecnicistica di discipline quali medicina e psicologia già dalla fine dell’800 dettavano e oggi ci impongono sempre più) ma viene di continuo cimentata con le coordinate materiali(stiche) dell’esistenza individuale e collettiva: pur con accenti critici o ironici in tutta la sua opera compaiono le istituzioni come la municipalità, la scuola, gli ospedali, la vita matrimoniale con l’aggiunta/precisazione che: “La vita bisogna rappresentarla non così com’è, e nemmeno come deve essere, ma come ci appare nei sogni” .
Il matrimonio e le figure della clinica: Psicosi, Nevrosi, Perversione.
Le figure femminili del dramma sono quattro: oltre alle tre sorelle andrà analizzata anche quella di Natasa, moglie di Andrej, che fa loro da contrappunto.
Le tre sorelle stanno a rappresentare, in quanto figlie di un generale dell’esercito, una delle principali tematiche dell’opera: il rapporto tra la continuità della vita (il generare figli) e il dissolversi, spinta all’annientamento e alla distruzione presente nel soggetto che, nel prevalere, determina i tipici “destini cechoviani”. Nessuna delle tre sorelle ha sposato un militare e l’unico soldato sposato, il capitano Versinin, ha una vita coniugale infelice: ”Quando rinasco non prendo moglie. No, no, non la prendo più”. Dunque la questione del matrimonio – in quanto istituzione esterna e dato psichico – non può essere elusa nè liquidata, salvo metempsicosi.
Matrimonio e guerra fanno sì che le tre sorelle si tengano a una cauta distanza dalle varie figure di soldato. E’ a partire da questi sintomi di inibizione nevrotica della donna (paura ma anche cimento) che la guerra fa problema e diverrà, chissà, forse possibile individuare forme di disagio della civiltà che consentano di intraprendere consapevolezza e riequilibrio per l’individuo e la società.
Curiosamente Natasa sposa Andrej il quale nel secondo atto ammetterà: “Non bisogna sposarsi, sposarsi è una malinconia”. Andrej ha rinunciato alla carriera militare a favore di quella illusoriamente accademica e Nataša elude la contraddizione amore/guerra, scavalcandola perchè troppo interessata a praticare (piuttosto che a farla propria o indurre a rifletterci) azioni di conquista brutale e sbrigativa (di natura bellica) nella vita privata.
Descrizioni tanto rigorose del profilo soggettivo di ciascun personaggio – Cechov è un testimone attendibile della vita – consentono l’operazione di assegnare le quattro figure femminili alle tre tipologie di struttura psichica: psicosi, nevrosi, perversione.
Nessuna delle quattro donne appartiene alla psicosi (malattia mentale) nel senso in cui lo è, strutturalmente, l’Ivan Dmitric di Reparto 6 o lo diventerà il dott. Andréi Jefimic provenendo da una condizione di nevrosi.
Olga e Irina pagano il prezzo di un adattamento normale e perciò nevrotico alla realtà e alla vita sociale attraverso un grado di inibizione per ciascuna diverso che a Olga, prima sorella e rigida portatrice della tradizione paterna e familiare, depositaria di ricordi che la immobilizzano, impedisce di amare e di sposarsi e che obbliga Irina, terza delle sorelle, ad aderire, passiva e ingenua, alle illusioni nutrite dalla sorella maggiore risolvendosi per una non-scelta: il matrimonio con il barone Tuzenbach che non ama. Ripiego che la mette al riparo dal cedere a un personaggio, Solenyj, perfetto esempio della terza categoria psichica, la più temibile: la perversione. Solenyj, il quale inibito non è, adempirà al suo proposito:”Giuro su quel che ho di più sacro: un rivale lo ammazzo… Com’è bella!”.
Il perverso (in senso strutturale può definirsi tale anche colui che non manifesta alcuna deviazione sessuale) non ha dubbi dinanzi alla sua meta, nè inceppi nè impacci, egli non esita a strumentalizzare l’altro o a disfarsene come accade a Natasa che pure potremmo annettere a questa categoria.
Masa possiede tendenze perverse e incestuose ma anche per lei la struttura psichica è quella della nevrosi.
Le tre protagoniste provano sentimenti, sopportano angosce e attese con piena umanità, posseggono un mondo vivo e vario, eppure Olga non riesce a vivere il presente, Irina non ricorda il passato, Masa non vivrà il suo amore in futuro.
La cosa di maggior interesse è come Cechov riesca a far funzionare le tre sorelle nel loro insieme, quasi accomunate da un’unica missione che non è solo la propria sopravvivenza: nessuna di loro ha figli, ma salvare qualcosa del mondo da cui provengono e, al contempo, riuscire ad andare avanti, altrove: a Mosca, lontano da dove la milizia del padre le ha condotte, poter immaginare un domani, di più, costruire un avvenire per tutti.
Esse sanno, credono pervicacemente.
Al contrario Andrej ha figli/o ed ha tentato di emanciparsi dal modello paterno ma non gli è bastato l’unico scarto compiuto nel campo della scelta professionale, altra da quella militare paterna, su cui non ha insistito forse perchè privo di un supporto adatto, un fratello, un mentore, un ideale concreto mentre gli si rivela pernicioso Ferapont.
(segue)