“La medicina hi-tech ci trasforma in automi…”

IOSSA FASANO 30 NOV A LO SPAZIO PISTOIA“… o ci restituisce al senso più vero dell’umano?”

Il 30 novembre a Pistoia convegno dello psichiatra e piscoanalista Augusto Iossa Fasano e presentazione del saggio “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg”, in cui attraverso il Paradigma Bionico-Protesico analizza gli effetti stranianti delle terapie mediche ad alta tecnologia.

Dopo il precedente intervento ottobrino in occasione del ciclo di incontri dedicati ai significati del simbolo, il medico psichiatra e psicoanalista pistoiese Augusto Iossa Fasano torna protagonista nelle iniziative della Libreria “Lo Spazio di via dell’Ospizio” di Pistoia con un nuovo interessante convegno dal doppio profilo medico e filosofico in programma sabato 30 novembre sull’attualissima tematica della mutazione cyborg, oggi sempre più diffusa nella quotidianità dell’uomo moderno.

Con inizio alle 17.30, Iossa Fasano approfondirà interessanti aspetti legati ai pericolosi effetti stranianti cui sempre più persone sono inconsapevolmente soggette nel momento in cui si sottopongono a terapie e interventi medici ad alta tecnologia che, pur risolvendo importanti problematiche cliniche, ne possono generare altre a carico dell’apparato psichico, la cui stabilità può essere minata da un disagio spesso “silente” perché non opportunamente individuato e dunque prevenuto.

Dai trapianti di organi all’impianto di protesi interne, che nella importante interpretazione di Iossa Fasano risultano insidiosi nella misura in cui snaturano di fatto l’identità del soggetto curato, prima nel corpo e quindi di rimando nella sfera psichica, “gli interventi di medicina hi-tech ci trasformano in automi o ci restituiscono al senso più vero dell’umano?”. A questo intrigante interrogativo, Augusto Iossa Fasano – coordinatore e direttore scientifico di Metandro, innovativo Centro indipendente di ricerca per la cura delle quattro età della vita dall’infanzia alla senilità – risponderà attraverso il concetto del Paradigma Bionico-Protesico alla base del suo recente saggio medico-scientifico “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg” (Edizioni ETS), recentemente oggetto di approfondimento sulle pagine Scienza&Salute del Corriere della Sera e che verrà presentato ufficialmente agli intervenuti nel corso del convegno.

Sul “Corriere Salute” con Iossa Fasano il punto della ricerca su identità protesica e configurazione cyborg.

Sulle pagine Salute del Corriere della Sera in edicola domenica 3 novembre, intervistato da Danilo di Diodoro, Augusto Iossa Fasano fa il punto sulla ricerca che attualmente sta conducendo su identità protesica e configurazione cyborg. L’attuale progetto sul quale a capo del centro di ricerca Metandro è principalmente impegnato Iossa Fasano riguarda infatti l’ampio quanto delicato scenario di tutti i soggetti già sottoposti – o prossimi a sottoporvisi – a interventi di medicina hi-tech che comportano l’impianto all’interno del corpo di organi, dispositivi o farmaci, e tali da provocare nel soggetto stesso un’alterazione psichica dovuta alla difficoltà di riconoscimento e totale accettazione nei confronti di quel nuovo corpo estraneo, peraltro non più removibile.

Ecco alcune delle domande cui Iossa Fasano risponde con l’articolo in uscita il 3 novembre sul Corriere della Sera:

quali sono le caratteristiche e le manifestazioni del senso di alterità che una persona prova quando le viene impiantata una protesi?;

è possibile fare una distinzione tra i tanti tipi di protesi esistenti (meccaniche, elettroniche, di piccole o grandi dimensioni) e le risposte psicologiche degli individui?;

ci sono casi di perfetto adattamento alla protesi (magari interna) che in qualche modo viene dimenticata dal soggetto?;

ci sono risposte psicologiche specifiche per pezzi di ricambio umani, come nei trapianti d’organo?

Un’interessante lettura da non mancare per riflettere sulla vulnerabilità del paziente mutante o cyborg, al giorno d’0ggi quasi tutti noi, e al tempo stesso sulla decisiva chance di prevenzione e guarigione offerta dagli strumenti di intervento dell’intervista protesica e del Paradigma Bionico Protesico, su cui Augusto Iossa Fasano focalizza anche nel suo recente saggio medico scientifico “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg”.

Il simbolo nelle varianti dell’oggetto protesico: intervento di Augusto Iossa Fasano a Pistoia

«Simbolo e oggetto protesicoIl simbolo nelle varianti dell’oggetto protesico»  è il titolo della conferenza che lo psichiatra e psicoanalista Augusto Iossa Fasano terrà il prossimo 25 ottobre 2013 nell’ambito di un ciclo di quattro incontri a ingresso libero dedicati al tema del simbolo e in programma presso la Libreria Galleria d’Arte e Sala da tè Lo spazio dell’Ospizio a Pistoia. L’appuntamento è per le ore 18 ai civici 26/28 dell’omonima via dell’Ospizio a Pistoia.

Durante l’incontro, Iossa Fasano analizzerà in particolare come la tecnologia oggi sempre più applicata al corpo provochi «smarrimento, turbamento, angoscia». «Si corre d’emblée a parlare di cyborg, bionica, robotica e intelligenza artificiale, senza aver premesso che i termini dell’umano sono strutturalmente e da sempre debitori all’oggetto (fisico, sociale, protesico, e quindi teorico) di un decentramento cui si devono la civiltà tutta e la relazione inter-soggettiva in ispecie».

Qual è divenuto il senso della cura in relazione alla mutazione del soggetto in senso bionico? Come simbolizzare corpo e parti protesiche o endoprotesiche? Come cambia il legame sociale tra i soggetti in seguito all’adozione di procedure della medicina ad avanzata tecnologia?

A questi e altri pressanti interrogativi medico-filosofici, ripercorrendo il filo conduttore del suo saggio “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg” appena pubblicato, Augusto Iossa Fasano offrirà interessanti risposte nel corso dell’appuntamento in programma con ingresso libero alle 18 del 25 ottobre 2013 a Pistoia.

Augusto Iossa Fasano su Ok Salute luglio/agosto 2013

Sul numero di luglio/agosto 2013 di OK Salute, importante testata di riferimento nell’ambito del settore salute&benessere edita dal gruppo RCS con la consulenza scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, Augusto Iossa Fasano è il protagonista di un interessante servizio sul tema del narcisismo, argomento che sullo stesso numero estivo della rivista ha suscitato grandissimo interesse anche per le rivelazioni fatte da Alba Parietti riguardo a una sua passata “fiamma”.

Consulente di psichiatria per OK Salute, Iossa Fasano dispensa importanti elementi atti a individuare i soggetti innamorati in primis della propria stessa immagine, dunque poco propensi a elargire attenzioni al partner, dispensando anche preziosi consigli su come non lasciarsi abbindolare o comunque rapportarsi consapevolmente con tali soggetti, nell’articolo “In amore impara a riconoscere (ed evitare) il narcisista”.

Su Youtube un canale dedicato a “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg” di Augusto Iossa Fasano

Augusto Iossa Fasano e il suo saggio “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg” sono ora presenti anche su Youtube.com, il prezioso servizio di condivisione video su Google.

In 9 brevi interessanti video, l’autore illustra altrettanti importanti aspetti legati al volume appena distribuito nelle librerie tradizionali e on-line con la casa editrice ETS di Pisa.

In particolare, lo psichiatra e analista Iossa Fasano approfondisce il target di lettori di riferimento del libro, l’obiettivo del saggio stesso di fornire un innovativo metodo di prevenzione e cura del disagio psichico in funzione della crescente mutazione cyborg che riguarda ogni giorno sempre più persone a seguito di interventi endoprotesici e device di vario tipo; poi ancora il prezioso nuovo strumento diagnostico messo a punto con il Centro di Ricerca Metandro per individuare forme di disagio proprio nei soggetti portatori di protesi o trapiantati.

Non ultimi, gli importanti concetti di protesi, cyborg e cybrid, e sulla differenza tra identità protesica e configurazioni cibernetiche, quindi l’importanza di formare alla cura del cyborg attraverso l’identità protesica.

I video sono comodamente consultabili al link http://www.youtube.com/channel/UCLCEAM65Aq1uF2r8eGwVO7g

PSICOANALISI IN VECCHIAIA: NEVROSI ATTUALI, NARCISISMO E TRANSFERT

Se c’è un momento della vita in cui è il caso di fare un’analisi, questo è la vecchiaia .

Stefania Turillazzi Manfredi

Trasformazione del trauma in senilità

Nel primo Freud la tripartizione tra la nevrosi attuale, quella narcisistica e quella di transfert corrisponde a uno schema che risponde alle questioni di carattere etiologico e al campo disciplinare preposto alla cura .
Piuttosto che alla sola nevrosi, è possibile riferire questa tripartizione anche alla vita del soggetto intesa come dimensione diacronica?
Il nesso causale tra nevrosi e trauma sessuale infantile avvia la ricerca freudiana che si sposterà su altre epoche di vita e riformulerà la questione aprendo un campo clinico che produce incessante teoria.
Il trauma richiama la sessualità come momento critico e come fonte energetica per il soggetto ed a sua volta la sessualità promuove il lavoro della teoria. La scoperta freudiana attiene – in modi e tassi diversi – a ciascuna delle quattro età della vita umana.
In altri termini, c’è qualcosa di traumatico che, pur accadendo “nell’istante”, tuttavia, in quanto soggetto, posso regolare attraverso le funzioni dell’Io, pur tenendo presente (nella continuità) la storia delle relazioni con gli altri e con me stesso?
Da vecchi l’Io è carico di storia a proposito dei rapporti con la realtà esterna e con l’Es, ma la letteratura metapsicologica e clinica si riferisce a esperienze di cura con soggetti giovani, mediamente al di sotto dei cinquanta anni d’età.
Nella mia pratica medica e psicoanalitica ho ricevuto numerose domande di cura da soggetti avanti negli anni per i quali non era pensabile formulare né un’operazione riduzionista, né una estensiva della teoria psicoanalitica.
La pratica terapeutica con soggetti anziani mostra spesso un Io capace di funzioni diverse dalla sintesi, dal controllo e dalla padronanza. Mi è persino sembrato che una senilità non inibita nel pensiero, ma nella meta genitale, fosse, tra le quattro età della vita, quella più a mal partito nella condizione socio-culturale attuale. Ed ecco provenire proprio dai “vecchi” domande di cura capaci di evidenziare nuove e sorprendenti forme nell’assetto psichico individuale e nello scambio collettivo.
Il vecchio è spesso portatore di una tecnica – un insieme di stile e di materia temperata – che rende pensabile un’immortalità non incestuosa. In parte si spiega perché l’individuo abbrevia a se stesso un’esistenza imprevedibilmente e impensabilmente dilatata senza limiti, ricorrendo all’uso di piaceri più o meno autolesivi o antagonizzando l’effetto di trapianti o interventi salvavita per mezzo di progetti distruttivi, camuffati da impulsività.
Ma questa non è solo teoria per la psicoanalisi, è sapere spendibile anche in altri campi.

LA MEMORIA: DALLA RICERCA NEUROSCIENTIFICA ALLA PRATICA PSICOTERAPEUTICA

L’anno formativo si articola in incontri di studio condotti da A. Iossa Fasano con il contributo dei colleghi di Metandro e l’intervento di docenti esterni.
Memoria e ricordo vengono esaminati in rapporto alla cura e alla cultura, attraverso un percorso che parte dall’antichità per giungere al mondo contemporaneo: una rivisitazione che introduce il terapeuta in formazione alla clinica dei soggetti a configurazione cyborg.
Il concetto di attività mnestica viene riformulato: la memoria non va pensata solo come funzione cognitiva, ma diviene indicatore complessivo di lavoro psichico dalle epoche precoci alle età avanzate della vita.
Alla dimensione del tempo e del sentimento (nostalgia, rimpianto, piacere della rievocazione) subentra il rapportarsi alla realtà esterna – spazio, luce, colore, corpo diventano parametro di riferimento per la cura. Per il soggetto il ricordare non è terapeutico di per sè, ciascuno deve trovare una propria posizione, nel reinventare l’identità lungo un orizzonte di ricerca e di dialogo.
Esperienze psicopatologiche, fenomeni antropologici, il rappresentare artistico sono materiali utilizzabili nel confronto con l’oggetto e il metodo delle neuroscienze.
L’operatore partecipante verrà coinvolto in un lavoro fortemente interattivo che si propone di assolvere ad una funzione di formazione sia al pensiero clinico, sia alle capacità assistenziali, sia alla propria condizione singolare e socio-culturale.

● 16 febbraio h 9-12
La memoria nelle quattro età della vita, funzioni esterne e strutture biologiche della psiche.
L’invecchiamento come modello neuroscientifico e la scelta dello stile di vita.
Neuroanatomia e neurofisiologia della memoria
A. Gorini, La memoria. Una, nessuna, centomila

29 febbraio h 17,30-20,30 La mnemotecnica di Giordano Bruno e l’idea di spazio nel trattamento dell’adolescente: paradigmi di cura e parallelo con la senilità.
A. Epifani, Tre brani di esistenza in cammino: cosa si dimentica e cosa ritorna nell’adozione

● 15 marzo h 9-12
Teatro, isteria, informatica: mutazione del ricordo con supporti tecnologici
(con dispensa sul componente cibernetico)
Esempi di trattamento integrato

● 29 marzo h 9-12
La condizione del reduce prima e dopo l’evento traumatico (la testimonianza di atrocità).
Ruolo di medico e psicologo nel metodo sociale di accoglienza per i rifugiati.
Supervisione come formazione degli operatori

● 19 aprile h 9-12
Luce della memoria, ombra del ricordo: ubiquità del trauma, singolarità della cura.
Arcangelo Dell’Anna, E’ utile parlare dei ricordi traumatici?

● 17 maggio h 9-12
Metodi di mantenimento in cura per disturbi gravi: esempi di trattamenti clinici integrati.
Stefano Marino, Memorie, Darwinismo neurale, Struttura e funzioni dello psichico

● 7 giugno h 9-12
Le psicoterapie articolate al sapere psico-neuro-scientifico e antropo-filosofico.
Felice Ciro Papparo, Problemi di memoria, problemi della memoria: un ultimo sprazzo.
La visione panoramica del moribondo. Su Bergson, Valery, Proust

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BIBLIOGRAFIA

1) Valery P., Quaderni III, pag. 467-522, Adelphi, Milano, 1973
2) Freud S., Ricordi di copertura, Boringhieri, Torino
3) Freud S., Psicopatologia della vita quotidiana, Boringhieri, Torino, 1988
4) Gauchet M., L’inconscio cerebrale, Il Melangolo, Genova, 1994
5) Yates F., L’arte della memoria, Einaudi, Torino, 1993
6) Iossa Fasano A., Una casa pulita e ordinata. Trauma e rappresentazione in Johannes Vermeer, in Il Piccolo Hans/Ambulatorio 4/1999, Moretti & Vitali, Bergamo
7) Iossa Fasano A., Altro sarò. Testimonianza, sacrificio, psicoanalisi in Chaosmos 1/2003, Filema, Napoli
8) Longevi Visionari. La pittura di Maria Callegaro e l’arte contemporanea, Skira, Milano, 2006
9) Alfano G., Il reduce le trasformazioni e la memoria, In Il Piccolo Hans/ Cefalopodo 3/1997, Moretti & Vitali, Bergamo
10) De Clerambault G., Ricordi di un medico operato di cataratta, In Il Piccolo Hans/ Cefalopodo 3/1997, Moretti & Vitali, Bergamo
11) Finzi Ghisi V., Prime note per demolire il concetto di psicopatologia della vita quotidiana, In Il Piccolo Hans/ Cefalopodo 3/1997, Moretti & Vitali, Bergamo
12) Dell’Anna A., Papparo F.C., L’impresentabile, Filema, Napoli, 2003
13) Finzi S., Sul monte della preda, Moretti & Vitali, Bergamo, 2003
14) Assmann A., Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, Il Mulino, Bologna, 2002
15) V. Woolf, Al faro, Feltrinelli, Milano, 1992
16) Dispensa sulla nozione di protesi e le configurazioni cyborg
17) Papparo F.C., Hors-là, in Il Piccolo Hans / Cefalopodo 2 / 1996 , Moretti & Vitali, Bergamo
18) Iossa Fasano A., Anita, anni quattordici, un caso di isteria traumatica, in Il Piccolo Hans Cefalopodo 2 / 1996, Moretti & Vitali, Bergamo
19) Moroncini B., La lingua del perdono, Filema, Napoli, 2007
20) Kandell E., Alla ricerca della memoria, La storia di una nuova scienza della mente, Codice, Torino, 2006

ESTASI, DEPERSONALIZZAZIONE E RAPPRESENTAZIONE DEL MOTO

MOVIMENTO E ACCOGLIMENTO NELL’ATTO ANALITICO

L’istante è il paradosso del tempo fermo. Il mo(vi)mento racchiude la pretesa di isolare il flusso del divenire in una unità, scomposizione che è frutto dell’att(im)o analitico.

Analista e ossessivo sono compagni di pensiero accomunati da uno stile simile.

Massimo comun denominatore è la rappresentazione del moto.

Ma non la rappresentazione mentale, quanto la condivisa presentazione sociale di quel movimento che caratterizza l’altro vivo, la città e la civiltà. Oppure analisi come possibile riconoscimento e accoglienza di quel moto che riprende e ridiviene possibile dopo una paralisi, anch’essa magnetico invischiamento di più attori, vivi e morti. Sorta di arco teso tra Zenone e i Futuristi.

La ri-presentazione del moto si fonda sulla stasi. La possibilità erratica racchiude quella estatica da cui sorge e da cui viene riproposta[1].

La mente estatica[2] si apre con insistenza sui temi del movimento e dell’accoglimento-accettazione. Il capitolo Sulla spiaggia è pervaso da un obliquo osservare il moto ondoso: “Sguardo-mare (…) Tempo espanso. Non immobile ma come fluttuante in immobilità. (…) Le barriere sono l’orizzonte dell’agire. Piuttosto lasciar affluire, lasciar defluire, immergersi, nuotare nella corrente”. I riferimenti all’accoglimento-accettazione ne punteggiano l’incipit: “Anche per la scoperta freudiana fu così? Un’accettazione di qualcosa che veniva, in un certo senso, dall’esterno, dopo un estenuante brancolare? (…) ho accettato e direi quasi ascoltato ciò che mi veniva da non so dove. (…) Non meditazione né raccoglimento. Accoglimento. (…) Accettazione della posizione del corpo, del suo peso, di ogni singola giuntura. (…) Ma l’accoglimento non è simmetrico alla difesa. (…) L’insistenza sulle difese è sempre implicitamente, insistenza sull’offesa, sulla capacità di offendere. Collegamento del sistema vigilanza-difesa con la più affermata impostazione virile. E allora accogliere: femminile? (…) Accogliere chi? Un ospite-interno. Accoglierlo prima di esaminarlo ed eventualmente respingerlo. Intrepidezza, atteggiamento infinitamente più e alla fine forse più efficace della prudenza di chi edifica muraglie”[3].

Fachinelli ravvisa alcuni rischi che una teoria della barriera (relativa alle difese psichiche) comporta per chi ne sia portatore o per chi vi faccia riferimento.

Ignoro e non intendo qui approfondire eventuali contatti e relazioni tra Fachinelli e i fondatori della rivista Il Piccolo Hans. Di sicuro La mente estatica incontra fondamenti, luoghi e nozioni che in quella teoresi, prima lacaniana, poi sempre più freudiana e poi ancora avanzante nella contemporaneità è possibile individuare.

In questo r-accogliere il moto c’è uno specifico dell’esperienza analitica?

ESTENSIONI E DELIMITAZIONI NELL’ESPERIENZA ESTATICA

Dappertutto c’è moto e c’è stasi. Il primo richiama la vita, la seconda un limite che in un punto arriva a coincidere con la morte.

Il lascito di Fachinelli pone nell’estasi qualcosa che, nonostante il titolo del testo, non è sovrapponibile alla sola dimensione del mentale. L’estasi riporta al carattere esterno-esteriore-esteso dell’apparato psichico. Tra il non saper nulla dell’estensione spaziale nella realtà e il saperne tutto cui la psiche umana è condannata, si muove la presente ricerca che riprende alcuni temi della Mente estatica.

L’accezione di una psiche estesa nel sociale o introflessa nel mondo interno è conseguenza di una scelta culturale dello psicoanalista e del suo gruppo di appartenenza scientifica.

In questa tenue luce l’estasi non va affatto intesa come misticismo dell’interiorità e della chiusura, ma appare  di gran lunga più affidabilmente orientata verso quel fuori che strutturalmente indica.

EPIFANIA E OFFESA IN JAMES JOYCE

La fine del XIX secolo prepara discipline diverse a un unico progetto: l’incrocio tra lo spazio e il tempo, la riproduzione dell’immagine e del suono, cimento di forma e sostanza dove all’iniziale prevalere del primo termine nella diade non corrisponde l’eliminazione del secondo.

La rappresentazione del moto apre il Novecento con l’avvento di cinema, psicoanalisi e teoria della relatività. Sinottica contemporaneità con la prima guerra tecnologica, quella russo-giapponese del 1904-5 e, nello scenario triestino, la scrittura joyciana che delinea mappe metropolitane e vi traccia itinerari. Traiettorie, il più delle volte immobili, dove la coscienza si fa catalogo e ventaglio del molteplice. Impossibile e fallace ogni interpretazione psicoanalitica, se non in opposizione a una lettura univoca e riduttiva.

“Ma Joyce non seguì certo gli altri su questa strada…dapprima l’espressione drammatica in cui l’artista si pone come il relatore di momenti memorabili proprio per la loro banalità (…) molte delle epifanie (…) sono (…) registrazioni di sogni o di allucinazioni. Ma è proprio a questo punto che Joyce si ferma e assume un atteggiamento ironico nei confronti di queste sue creazioni verbali”[4].

Più che la presunta ironia o il carattere verbale della sua creazione, a noi qui interessa il fatto che Joyce “si fermi”. “L’epifania era stata concepita da Joyce non come nucleo dinamico narrativo, ma come oggetto statico da contemplare nella sua compiutezza e autosufficienza”[5].

In Joyce si ritrovano entrambe le componenti: quella della durata narrativa e quella della rivelazione nell’istante, anche se poi la seconda sembra affermarsi e come tale va a collocarsi, a incastonarsi in forma celata di epifania nelle sue quattro grandi opere.

Il successivo modo di considerare e utilizzare l’epifania, attiene alla necessità di  accogliere l’elemento visivo – visioni, sogni e allucinazioni – della materia che si rivela e non solo quello uditivo o significante: “Quidditas luminosa ma non irradiante”[6].


[1] Non interessa, tanto meno qui, il raffronto tra diversi modelli della mente, quanto la conferma del paradigma freudiano attraverso la constatazione della simultaneità, come dire, semiosferica del lavoro sull’apparato psichico tra autori quali Proust, Joyce e Valery.

[2] E. Fachinelli, La mente estatica, Adelphi, Milano, 1989.

[3] E. Fachinelli, cit., p 17, 19, 21

[4] G. Melchiori, in Joyce, Poesie e Prose, p. 146.

[5] G. Melchiori, cit., p. …

[6] G. Melchiori, cit., p.G. Melchiori, cit., p. 147.


DRAGON TRAINER paradigma d’identità protesica

Scaracchio: “Se vuoi davvero andare lì fuori a combattere i draghi, devi smetterla con tutto questo!”

Iccup: “Ma, scusa, hai appena indicato tutto me!”

S.: “Si esatto, smettila di essere te!”

I.: “Ooh, voi messere state giocando a un gioco pericoloso: tenere tutta questa rude vichingaggine”

Il maldestro e dismetrico Iccup, alle soglie della pubertà, si pone una domanda sulla propria identità: chi sono? Chi diventerò? Ce la farò a diventare un vero vichingo?

Gli è stato assegnato Scaracchio, baffuto Dragon trainer – da qui il titolo del cartone animato – che ha perso un braccio e una gamba proprio nella lotta contro i draghi.

Riuscirà Iccup ad affermarsi e seguire le orme del padre? Suo padre X è un vero guerriero, imponente e statuario capo villaggio, valoroso nella principale attività collettiva: la lotta contro i draghi che infestano e minacciano il territorio.

Chi sono io? Sono io? Vorrei essere io cioè…, o almeno come lui. Ma come si fa a esser io come se…fossi lui?

Alle domande sull’identità e sulla scelta delle figure di identificazione fa seguito il dannoso tentativo di cattura di una Furia buia, un esemplare della specie più feroce e misteriosa di draghi. Iccup stringe amicizia con Sdentato, la Furia buia che non può più volare dopo che il ragazzo gli ha provocato la perdita di una pinna direzionale della coda. Iccup gli costruisce una protesi in legno e cuoio che permette a Sdentato di spiccare di nuovo il volo. Analogo destino toccherà a lui dopo aver contribuito a cambiare mentalità e identità al villaggio. Una parziale identificazione finirà con l’assimilarlo al suo dragon-trainer, Scaracchio, il sagace vichingo mutilato e felicemente protesizzato, piuttosto che al padre inarrivabilmente integro e potente capo tribù.

Anche un semplice cartoon ci rivela elementi puntuali sulla struttura del soggetto nella contemporaneità post-moderna. Ciascuno è portatore di handicap e portatore di protesi. Anche se non accetta la mancanza, anche se non se ne rende conto.

“Come siamo fatti” è detto dalla trama di un film d’animazione che cattura e sfugge al contempo, incuriosisce e inquieta, ma insieme con l’angoscia viene rimosso il senso universale dell’essere.  Il senso è racchiuso nell’oggetto protesico, così recondito, perché ci appartiene. Non lo vediamo perché –come gli occhiali che Pessoa chiede in punto di morte – è sulla punta del naso, oppure è già lì al piede, sulla mano, tutore o arto artificiale. Un’estremità ma pur sempre la nostra, un polpastrello, una provincia dell’impero che noi siamo, ma sulla quale non rinunciamo alla sovranità.

LOGICHE E PROCEDURE DELLA CONSULENZA PSICHIATRICO/PSICOLOGICA IN MEDICINA ESTETICA

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Estratto del capitolo pubblicato su “Trattato di Medicina Estetica” di A. IOSSA FASANO, A. PIGNATARO, S. TOTO


“Sono solo i superficiali a non giudicare dalle apparenze”

Oscar wilde

L’immagine corporea, dalla science fiction alla scienza medica e psicologica,  si afferma oggi in uno scenario di epocale svolta che si cercherà qui di delineare, sviluppando le conseguenti riflessioni sulle condotte pratiche che gli specialisti in Medicina Estetica possono adottare.

In cosa consiste la svolta epocale? Nel passaggio dell’identità umana da una condizione protesica a una configurazione cyborg. Transizione al contempo drammatica (traumatica) e affascinante (coinvolgente e sconvolgente) con cui ciascun soggetto – il medico come il paziente – si trova a fare i conti.  Un apparato psichico (nell’accezione di psiche o di mente) lavora in parallelo allo sviluppo di abilità motorie, delle relative rappresentazioni e delle trasformazioni che le interazioni producono. Verrà qui posta particolare attenzione alle forme esteriori del soma e alle azioni rivolte ad agire su di esse.

L’osservazione del soggetto umano e delle relazioni che stabilisce con l’ambiente esterno va estesa ai dispositivi che utilizza o di cui dispone. E’ possibile finalmente pensare a un apparato psichico che non sia metafisico, né invisibile, né interno, ma che sia proteso nell’ambiente e interagente nello spazio materiale. L’organismo fisico diviene il primo stadio in cui la psiche stabilisce un collegamento tangibile e regolabile, grazie ad ausili protesici, con varie dimensioni e mondi.  Mentre si immaginava la psiche come qualcosa di etereo e di immateriale, ecco il rovesciamento di posizioni per cui è proprio l’ausilio protesico a rinviare all’apparato psichico e si afferma l’idea che non ci sia psiche se non laddove ci sia un senso di mancanza che faccia appello alla protesi. Dunque identità protesica come fondamento di un soggetto pensante e portatore di passione. Il nesso che unifica mente e corpo va individuato negli oggetti, utili e inutili, di cui l’uomo si circonda, alcuni dei quali si innestano direttamente sugli organi sensori e motori (pensiamo da un lato agli occhiali, alla dentiera, all’apparecchio acustico, all’arto meccanico, alla cosmetica e dall’altro a un orizzonte molto avanzato come il ricorso alla farmacologia di sintesi, ai trapianti d’organo e alla chirurgia estetica o ricostruttiva).

Come soggetti moderni siamo insediati in una condizione psico-fisica di ordine protesico, ma la post-modernità contemporanea ci costringe all’ibridazione con strumenti tecnologici di tipo cibernetico che oltrepassano le nostre facoltà percettive e sfuggono alle ordinarie capacità di rappresentazione: sopravviviamo al prezzo di non riconoscerci. Rispetto al componente cibernetico e alla conseguente configurazione cyborg ci sembra di accettare consapevolmente qualcosa che, invece, scompagina le fondamenta del nostro essere e del modo in cui rappresentiamo il corpo proprio e altrui. Mutano i modi di soffrire e di ammalarsi, devono aggiornarsi i metodi per curarli. L’arte di ritoccare il corpo aveva una sua importanza già nel Cinquecento, per riparare ferite da guerra o asportare tumori: il suo uso era circoscritto a una finalità puramente ricostruttiva; oggi il più delle volte la ricostruzione viene effettuata per un piacere estetico piuttosto che per una reale necessità e le motivazioni che spingono alla scelta di rivolgersi ad un medico estetico, secondo la letteratura analizzata in merito, sono prevalentemente psicologiche.

La Medicina Estetica nella contemporaneità nasce dall’intuizione che l’uomo è sano solo quando è in armonia con le differenti fasi della vita, con il proprio inserimento sociale e ambientale. Oggi la medicina è sempre più sollecitata da pazienti che chiedono di migliorare il proprio aspetto, l’equilibrio e l’armonia complessiva per una ricerca di sicurezza personale, ma anche una necessità professionale o un’esigenza spirituale.   Si tratta, dunque, di collocare la Medicina Estetica nell’area più appropriata all’interno di una necessariamente nuova concettualizzazione del: “Chi siamo? Chi sono? Come e di cosa è fatta la mia identità? Io, in quanto medico, quale identità contribuisco a costruire nell’altro?” Un risultato ottimale può essere realizzato grazie al coordinamento e all’integrazione delle più diverse attività specialistiche, dunque attuando una collaborazione multidisciplinare avvalendosi di tutte le acquisizioni della medicina generale, delle conoscenze delle scienze esatte, della chirurgia e di alcune specializzazioni (medicina interna, endocrinologia, dietologia, dermatologia, angiologia, ortopedia, fisiatria, chirurgia plastica…), e degli apporti di numerose discipline umane tra le quali la psicologia, l’antropologia e la filosofia. Per agire a tutto campo, rispettando la qualità della vita, dunque interpretando al meglio quanto l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dichiara da anni “la salute deve essere considerata non come assenza di malattia ma come benessere psicofisico”, essa deve interagire con individui sani, armonici, che vivano compiutamente la propria età e sappiano riconoscersi e accettarsi, che lavorino con impegno per migliorarsi e riescano a stimarsi ed amarsi di più. Questa è la filosofia alla quale dovrebbe essere educato chi si rivolge alla Medicina Estetica.  La Psicologia e Psichiatria sono intimamente correlate alla Medicina Estetica se si accetta l’assunto epistemologico di un’unità mente-corpo.  Lo “scalpello” di cui il medico si serve per i suoi interventi di correzione estetica, non modifica soltanto l’aspetto fisico di una persona, ma ne cambia anche l’animo, l’immagine che questo individuo ha di se stesso, l’identità che fino a quel momento si era costruito. L’immagine dell’ “io” è una sorta di ritratto mentale che ciascuno ha di se stesso e questo ritratto è costruito in base alle personali esperienze passate e all’aspetto del corpo così come viene percepito dal singolo e come si pensa che lo riconoscano gli altri. Questa immagine dell’io condiziona inevitabilmente il nostro modo di essere e di rapportarci con l’esterno e di questa situazione il medico estetico deve tenere conto, non solo per aiutare il paziente a comprendere quelle eventuali “cicatrici emotive” che sono spesso alla radice della richiesta di una correzione medico-chirurgica, ma anche per valutare modi e tempi dell’intervento.